Ciao avrei bisogno del riassunto de "Il Mister" di Marco Lodoli?
Ve lo chiedo perché sono appena tornata da un anno all'estero e devo fare gli esami per l'anno prossimo di tutte le materie, e non riesco a fare anche i compiti!
Nel racconto “Il Mister” di Marco Lodoli, il protagonista narra in prima persona la sua vita, una vita difficile e ostacolata da suo padre. Egli, fin da piccolo, era costretto da suo padre ad andare allo stadio per assistere ad ogni partita, in modo che si appassionasse sempre più al calcio, ma lui non aveva la minima passione. In casa l’argomento principale di cui si parlava sempre era il calcio, le partite, le classifiche delle squadre, tutto ciò che riguardasse il calcio.
Da piccolo entrò in una piccola squadra, dove iniziò ad allenarsi, a perfezionare la sua bravura, si allenava tutti i giorni, solo per esaudire il sogno di suo padre. Non aveva una sua vita privata, non aveva la ragazza, non aveva amici, la sua vita ruotava attorno ad una sfera: il pallone.
Dopo diversi anni entrò nella mitica serie A, il sogno di suo padre si era avverato, la meta era stata raggiunta, con i soldi che guadagnava comprarono una lussuosa villa e naturalmente un’automobile idonea per un calciatore di serie A, poiché, come diceva suo padre, non si era mai visto un calciatore senza Mercedes. Il padre, inoltre, lo costrinse a rinunciare allo studio, perché gli avrebbe fatto prendere un diploma in una scuola privata, insomma viveva una vita non padroneggiata da lui. Viveva in una prigione dalla quale niente e nessuno poteva liberarlo.
Nelle partite tutte le vittorie erano sue, ma per lui non c’era vittoria in un pallone che rotolava in fondo ad una rete. Durante la finale del campionato mondiale, in cui era presente anche suo padre, spettò a lui il compito di segnare il rigore, un rigore decisivo sia per la stessa partita sia per la sua vita.
Fu in quel momento che decise di ribellarsi a suo padre, così lanciò il pallone sopra la traversa della rete; fu questo il modo di dire basta a quella vita che stava conducendo, alle sofferenze, ai sacrifici e alle rinunce.
Nel racconto padre e figlio sono due figure totalmente opposte, da una parte un padre egoista, egocentrico, ingiusto nei confronti di suo figlio, un padre che costringe il figlio a vivere una vita non sua, non chiedendosi cosa possa rendere felice suo figlio; dall’altra la figura del figlio, un ragazzo imprigionato nei sogni di suo padre, un ragazzo che, inizialmente, non ha la forza e il coraggio di opporsi, un ragazzo che ha dissipato la sua adolescenza correndo dietro un pallone, un’adolescenza che nessuno potrà mai restituirgli. Egli era un ragazzo che desiderava scrutare il mondo che lo circondava osservandone il più piccolo particolare, un ragazzo che ha vissuto la sua giovinezza privandosi degli amici, di una ragazza…
Per un padre la felicità del figlio dovrebbe essere al primo posto, ma per lui al primo posto c’era il calcio, c’era un sogno che lui non aveva potuto mai realizzare e che si doveva realizzare a ogni costo, anche a costo dell’infelicità del suo stesso figlio.
Ciò avviene, purtroppo, anche oggi, vi sono padri che, ad esempio, costringono i propri figli a scegliere una scuola non idonea per loro, per fare in modo che continuino ciò che loro hanno cominciato, facendoli diventare così avvocati, professori, dottori o magistrati, non pensando mai a ciò che veramente li possa rendere felici.
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Nel racconto “Il Mister” di Marco Lodoli, il protagonista narra in prima persona la sua vita, una vita difficile e ostacolata da suo padre. Egli, fin da piccolo, era costretto da suo padre ad andare allo stadio per assistere ad ogni partita, in modo che si appassionasse sempre più al calcio, ma lui non aveva la minima passione. In casa l’argomento principale di cui si parlava sempre era il calcio, le partite, le classifiche delle squadre, tutto ciò che riguardasse il calcio.
Da piccolo entrò in una piccola squadra, dove iniziò ad allenarsi, a perfezionare la sua bravura, si allenava tutti i giorni, solo per esaudire il sogno di suo padre. Non aveva una sua vita privata, non aveva la ragazza, non aveva amici, la sua vita ruotava attorno ad una sfera: il pallone.
Dopo diversi anni entrò nella mitica serie A, il sogno di suo padre si era avverato, la meta era stata raggiunta, con i soldi che guadagnava comprarono una lussuosa villa e naturalmente un’automobile idonea per un calciatore di serie A, poiché, come diceva suo padre, non si era mai visto un calciatore senza Mercedes. Il padre, inoltre, lo costrinse a rinunciare allo studio, perché gli avrebbe fatto prendere un diploma in una scuola privata, insomma viveva una vita non padroneggiata da lui. Viveva in una prigione dalla quale niente e nessuno poteva liberarlo.
Nelle partite tutte le vittorie erano sue, ma per lui non c’era vittoria in un pallone che rotolava in fondo ad una rete. Durante la finale del campionato mondiale, in cui era presente anche suo padre, spettò a lui il compito di segnare il rigore, un rigore decisivo sia per la stessa partita sia per la sua vita.
Fu in quel momento che decise di ribellarsi a suo padre, così lanciò il pallone sopra la traversa della rete; fu questo il modo di dire basta a quella vita che stava conducendo, alle sofferenze, ai sacrifici e alle rinunce.
Nel racconto padre e figlio sono due figure totalmente opposte, da una parte un padre egoista, egocentrico, ingiusto nei confronti di suo figlio, un padre che costringe il figlio a vivere una vita non sua, non chiedendosi cosa possa rendere felice suo figlio; dall’altra la figura del figlio, un ragazzo imprigionato nei sogni di suo padre, un ragazzo che, inizialmente, non ha la forza e il coraggio di opporsi, un ragazzo che ha dissipato la sua adolescenza correndo dietro un pallone, un’adolescenza che nessuno potrà mai restituirgli. Egli era un ragazzo che desiderava scrutare il mondo che lo circondava osservandone il più piccolo particolare, un ragazzo che ha vissuto la sua giovinezza privandosi degli amici, di una ragazza…
Per un padre la felicità del figlio dovrebbe essere al primo posto, ma per lui al primo posto c’era il calcio, c’era un sogno che lui non aveva potuto mai realizzare e che si doveva realizzare a ogni costo, anche a costo dell’infelicità del suo stesso figlio.
Ciò avviene, purtroppo, anche oggi, vi sono padri che, ad esempio, costringono i propri figli a scegliere una scuola non idonea per loro, per fare in modo che continuino ciò che loro hanno cominciato, facendoli diventare così avvocati, professori, dottori o magistrati, non pensando mai a ciò che veramente li possa rendere felici.