Le vedove bianche erano quelle mogli che nell´immediato dopoguera,restano in Italia,ad accuidire,i figli e molte volte altri parenti,mentre i loro mariti,emigravano,nel nord Europa ,in particolare in Belgio e in Germania,e semmai vedono il marito una volta l´anno,per le ferie estive o a Natale.C´era da ammirare perché facevano dei sacrifici per portare avnti la famiglia con le rimesse in denaro che i mariti mandavano.Ci sono stati anche emigrati verso l´Australia e il Canada,ma li era facile portarsi dietro la famiglia.Pensa che senza contare le vecchie emigrazioni,solo nel dopoguerra sono emigrati,oltre 5 milioni di italiani.Molte di queste donne,hanno avuto la fortuna,di poter raggiungere i mariti dopo due o tre anni o che il marito é ritornato dopo anni di lavoro,avendo rispsrmiato per poter intraprendere una attivitá in Italia,ma molte sono state abbandonate al loro destino,in quanto i mariti fatte nuove conoscenze facevano perdere le loro tracce e molte sono rimaste "vere" vedove in quanto i loro mariti sono morti sul lavoro.La piú grande tragedia successe in Belgio nella miniera di Marcinelle dove lasciarono la vita centinaia di italiani.
Nella seconda metà dell'800, l'emigrazione rappresentava per l'Italia un grave problema e fu una dimostrazione delle pessime condizioni di vita dei ceti più poveri. Eppure, anche se in principio, origine di grandi dispiaceri e sacrifici, finì col tempo per essere uno strumento di arricchimento dello Stato e dei cittadini in quanto gli emigranti mandavano ai familiari rimasti in patria parte di quello che avevano guadagnato e consentivano ai contadini rimasti di essere meglio retribuiti.
Ma quali furono le cause che obbligarono gli italiani ad emigrare?
Subito dopo l'unificazione, il nuovo Stato si dimostrò al suo interno molto più diverso di quanto ci si aspettava: differente in particolar modo lo sviluppo economico, gli usi e costumi fra nord e sud.
Nel campo dei lavori pubblici era tutto da fare; l'industria procedeva a rilento e le abitazioni erano malsane ed insufficienti per la crescente popolazione.
L'agricoltura, fonte di molti posti di lavoro, in quanto la maggior parte delle persone essendo analfabeta, si doveva accontentare di un lavoro di manovalanza, era allo stato primitivo a causa soprattutto del latifondismo, fenomeno per cui la terra da coltivare era posseduta da un gruppo ristretto di persone ricche che ne lasciavano gran parte incolta, togliendo così la possibilità ai contadini di trovare impiego.
La situazione finanziaria era quindi in condizioni disastrose e le entrate insufficienti per il nuovo Stato. Questa grave situazione trovò così sfogo nell'emigrazione, in un primo tempo stagionale e poi, in molti casi, per tutta la vita.
Fra le attività tipiche dell'emigrazione stagionale, c'era quella dei seggiolai agordini che partivano in piccoli gruppi ed usavano un linguaggio da loro inventato, comune ad essi ed ai loro familiari, per scambiarsi informazioni riservate in presenza di estranei. Un apprendista raccoglieva le ordinazioni in case e fattorie ed il gruppo vi si trasferiva per costruire sedie o cambiare vecchie impagliature.
Un'altra di queste attività era la costruzione delle ferrovie, in particolar modo in Germania in cui stava avvenendo un repentino sviluppo. Era un impiego molto duro che si fermava solo d'inverno quando il lavoro era impraticabile. Scalpellini, boscaioli e fabbri emigravano soprattutto in Francia dove squadravano pietre, edificavano case, costruivano attrezzi e cancelli per le abitazioni e, anche qui, vie di comunicazione quali ferrovie, strade, ecc.
Uno dei mestieri più duri e rischiosi era il lavoro nelle miniere in Belgio, Alsazia e Lorena in quanto c'erano il rischio di esplosioni e l'elevata presenza di polveri minerali che incrostavano i polmoni causando una morte per soffocamento, chiamata comunemente "mort de pusiera".
Per quanto riguarda le donne, durante l'assenza dei mariti, rimanevano a casa a lavorare i campi, educare i figli e badare agli anziani. Era molto richiesta inoltre la manodopera femminile e minorile a basso costo nell'agricoltura, per rimpiazzare gli uomini impegnati in altri paesi e quindi una parte delle donne trovava lavoro in questo settore. Altre invece durante le stagioni invernali costruivano degli oggettini e, arrivata la primavera, se ne andavano con la gerla in spalla per venderli nei vari paesi.
Questa situazione continuò fino all'arrivo del mito delle Americhe: in pochissimo tempo, tantissime persone partirono, con tristezza e lacrime, spinte unicamente dalla necessità, lasciando spesso i genitori ormai vecchi. I più giovani partivano con l'entusiasmo degli anni venti, con la speranza di ritornare prima o poi: nessuno immaginava che l'oceano fosse così immenso da chiudere la via del ritorno.
Di questo contesto approfittarono truffatori di ogni genere che, in cambio di false promesse, strappavano agli emigranti tutto ciò che avevano a fatica risparmiato, in cambio di un viaggio in un luogo sconosciuto. Il disagio non finiva però con l'imbarco: infatti sulla nave erano costretti o a passare giorni e giorni in ambienti chiusi e per niente igienici o, sul ponte, esposti a tutte le intemperie, tanto che molti non sopravvivevano. Ancora più grande era poi lo sconforto all'arrivo in un paese straniero dove la speranza di trovare la fortuna per uscire dalla miseria in cui erano costretti a vivere nel paese natio era sostituita dall'obbligo di adattarsi alla lingua ed agli usi di quei popoli e a trovare un'abitazione ed un posto di lavoro: cosa resa ancor più difficile dalla mancanza di qualifica.
Così, per non morire di fame, gli italiani accettavano ogni tipo di lavoro a qualunque stipendio. Per questo motivo ci furono dei casi di vero e proprio linciaggio, perché gli abitanti del luogo, che da tempo miravano a paghe più elevate erano rimpiazzati dagli emigranti che si accontentavano di poco.
Gli stati in via di sviluppo, in particolare Brasile, Argentina, Paraguay e Messico, cercavano manodopera per coltivare terre rimaste fino a quel tempo disabitate ed incolte.
Prendo come esempio il Messico, dove la vita dei nostri emigranti è ricominciata in quelle terre vergini assegnate loro in proprietà, molte volte in cambio di un grande sacrificio, quale perdere la nazionalità italiana, non potendo così far ritorno in patria: per consolarsi si tramandavano usanze, tradizioni e filastrocche per non perdere anche quei pochi ricordi del paese natio.
Gli emigranti dunque, illusi dai racconti sulle risorse dell'America, partivano in cerca di un mondo nuovo, con il desiderio di arricchirsi e ritornare a casa o chiamare a sé i propri familiari, ma la distanza, il tempo e le difficoltà economiche impedivano che questo accadesse, separandoli così definitivamente dai propri cari.
Le vedove bianche erano appunto le donne, magari da poco sposate, che rimanevano sole e non si potevano nemmeno risposare perché, anche se lontano, il marito era ancora vivo.
In verità i nostri emigranti trovarono una realtà totalmente diversa da quanto sperato e furono costretti a vivere in terre selvagge e a rimpiazzare spesso la schiavitù nera, quando riuscivano a raggranellare qualche soldo, subito scrivevano ai familiari, in attesa di raggiungerli, di non partire assolutamente perché non avrebbero trovato altro che delusioni e sofferenze.
Qualche emigrante svolgeva dei lavori per strada come ad esempio gli artigiani ambulanti, i fabbricanti di pentole di rame, gli arrotini e i riparatori di oggetti.
Grande successo ebbe invece l'attività di gelatiere, che nata come occupazione per arrotondare i guadagni della vendita di frutta cotta, piacque subito ovunque e diventò un mestiere autonomo. Il gelato veniva confezionato in piccole stanza prese in affitto, che contenevano dei recipienti raffreddati con sale e ghiaccio, dove si mescolavano gli ingredienti fino a formare il gelato.
In quanto alle donne, emigravano temporaneamente come balie da latte, domestiche o cuoche per servire le famiglie più benestanti.
Questa era dunque la situazione in cui gli italiani ed in particolar modo i Bellunesi hanno vissuto per parecchi anni, senza perdere mai i ricordi e l'amore per la patria, costruendosi così la fama di grandi lavoratori.
Proprio alla lettura di alcune lettere emergono sentimenti comuni a tanti emigranti: la nostalgia per la patria lontana, per la sposa, per la famiglia, per gli affetti più veri ed importanti.
A tutto ciò gli emigranti hanno talvolta dovuto rinunciare per sempre, per inseguire una "speranza di una vita migliore", solo poche volte raggiunta, ma spesso disattesa.
Osservando immagini di emigranti in partenza è possibile leggere nei loro occhi il dolore per l'abbandono del "noto" e la speranza mista alla paura per "l'ignoto". Aver approfondito questo argomento mi ha resa più sensibile al problema attuale degli immigrati in Italia, ormai trasformatasi da paese di emigrazione a paese ricco e quindi meta per questi.
Answers & Comments
Verified answer
le vedove bianche erano coloro che rimanevano sole dopo che il marito era emigrato a cercare lavoro.
penso che le vedove bianche siano le vedove delle morti bianche cioè delle morti sul lavoro
Le vedove bianche erano quelle mogli che nell´immediato dopoguera,restano in Italia,ad accuidire,i figli e molte volte altri parenti,mentre i loro mariti,emigravano,nel nord Europa ,in particolare in Belgio e in Germania,e semmai vedono il marito una volta l´anno,per le ferie estive o a Natale.C´era da ammirare perché facevano dei sacrifici per portare avnti la famiglia con le rimesse in denaro che i mariti mandavano.Ci sono stati anche emigrati verso l´Australia e il Canada,ma li era facile portarsi dietro la famiglia.Pensa che senza contare le vecchie emigrazioni,solo nel dopoguerra sono emigrati,oltre 5 milioni di italiani.Molte di queste donne,hanno avuto la fortuna,di poter raggiungere i mariti dopo due o tre anni o che il marito é ritornato dopo anni di lavoro,avendo rispsrmiato per poter intraprendere una attivitá in Italia,ma molte sono state abbandonate al loro destino,in quanto i mariti fatte nuove conoscenze facevano perdere le loro tracce e molte sono rimaste "vere" vedove in quanto i loro mariti sono morti sul lavoro.La piú grande tragedia successe in Belgio nella miniera di Marcinelle dove lasciarono la vita centinaia di italiani.
Nella seconda metà dell'800, l'emigrazione rappresentava per l'Italia un grave problema e fu una dimostrazione delle pessime condizioni di vita dei ceti più poveri. Eppure, anche se in principio, origine di grandi dispiaceri e sacrifici, finì col tempo per essere uno strumento di arricchimento dello Stato e dei cittadini in quanto gli emigranti mandavano ai familiari rimasti in patria parte di quello che avevano guadagnato e consentivano ai contadini rimasti di essere meglio retribuiti.
Ma quali furono le cause che obbligarono gli italiani ad emigrare?
Subito dopo l'unificazione, il nuovo Stato si dimostrò al suo interno molto più diverso di quanto ci si aspettava: differente in particolar modo lo sviluppo economico, gli usi e costumi fra nord e sud.
Nel campo dei lavori pubblici era tutto da fare; l'industria procedeva a rilento e le abitazioni erano malsane ed insufficienti per la crescente popolazione.
L'agricoltura, fonte di molti posti di lavoro, in quanto la maggior parte delle persone essendo analfabeta, si doveva accontentare di un lavoro di manovalanza, era allo stato primitivo a causa soprattutto del latifondismo, fenomeno per cui la terra da coltivare era posseduta da un gruppo ristretto di persone ricche che ne lasciavano gran parte incolta, togliendo così la possibilità ai contadini di trovare impiego.
La situazione finanziaria era quindi in condizioni disastrose e le entrate insufficienti per il nuovo Stato. Questa grave situazione trovò così sfogo nell'emigrazione, in un primo tempo stagionale e poi, in molti casi, per tutta la vita.
Fra le attività tipiche dell'emigrazione stagionale, c'era quella dei seggiolai agordini che partivano in piccoli gruppi ed usavano un linguaggio da loro inventato, comune ad essi ed ai loro familiari, per scambiarsi informazioni riservate in presenza di estranei. Un apprendista raccoglieva le ordinazioni in case e fattorie ed il gruppo vi si trasferiva per costruire sedie o cambiare vecchie impagliature.
Un'altra di queste attività era la costruzione delle ferrovie, in particolar modo in Germania in cui stava avvenendo un repentino sviluppo. Era un impiego molto duro che si fermava solo d'inverno quando il lavoro era impraticabile. Scalpellini, boscaioli e fabbri emigravano soprattutto in Francia dove squadravano pietre, edificavano case, costruivano attrezzi e cancelli per le abitazioni e, anche qui, vie di comunicazione quali ferrovie, strade, ecc.
Uno dei mestieri più duri e rischiosi era il lavoro nelle miniere in Belgio, Alsazia e Lorena in quanto c'erano il rischio di esplosioni e l'elevata presenza di polveri minerali che incrostavano i polmoni causando una morte per soffocamento, chiamata comunemente "mort de pusiera".
Per quanto riguarda le donne, durante l'assenza dei mariti, rimanevano a casa a lavorare i campi, educare i figli e badare agli anziani. Era molto richiesta inoltre la manodopera femminile e minorile a basso costo nell'agricoltura, per rimpiazzare gli uomini impegnati in altri paesi e quindi una parte delle donne trovava lavoro in questo settore. Altre invece durante le stagioni invernali costruivano degli oggettini e, arrivata la primavera, se ne andavano con la gerla in spalla per venderli nei vari paesi.
Questa situazione continuò fino all'arrivo del mito delle Americhe: in pochissimo tempo, tantissime persone partirono, con tristezza e lacrime, spinte unicamente dalla necessità, lasciando spesso i genitori ormai vecchi. I più giovani partivano con l'entusiasmo degli anni venti, con la speranza di ritornare prima o poi: nessuno immaginava che l'oceano fosse così immenso da chiudere la via del ritorno.
Di questo contesto approfittarono truffatori di ogni genere che, in cambio di false promesse, strappavano agli emigranti tutto ciò che avevano a fatica risparmiato, in cambio di un viaggio in un luogo sconosciuto. Il disagio non finiva però con l'imbarco: infatti sulla nave erano costretti o a passare giorni e giorni in ambienti chiusi e per niente igienici o, sul ponte, esposti a tutte le intemperie, tanto che molti non sopravvivevano. Ancora più grande era poi lo sconforto all'arrivo in un paese straniero dove la speranza di trovare la fortuna per uscire dalla miseria in cui erano costretti a vivere nel paese natio era sostituita dall'obbligo di adattarsi alla lingua ed agli usi di quei popoli e a trovare un'abitazione ed un posto di lavoro: cosa resa ancor più difficile dalla mancanza di qualifica.
Così, per non morire di fame, gli italiani accettavano ogni tipo di lavoro a qualunque stipendio. Per questo motivo ci furono dei casi di vero e proprio linciaggio, perché gli abitanti del luogo, che da tempo miravano a paghe più elevate erano rimpiazzati dagli emigranti che si accontentavano di poco.
Gli stati in via di sviluppo, in particolare Brasile, Argentina, Paraguay e Messico, cercavano manodopera per coltivare terre rimaste fino a quel tempo disabitate ed incolte.
Prendo come esempio il Messico, dove la vita dei nostri emigranti è ricominciata in quelle terre vergini assegnate loro in proprietà, molte volte in cambio di un grande sacrificio, quale perdere la nazionalità italiana, non potendo così far ritorno in patria: per consolarsi si tramandavano usanze, tradizioni e filastrocche per non perdere anche quei pochi ricordi del paese natio.
Gli emigranti dunque, illusi dai racconti sulle risorse dell'America, partivano in cerca di un mondo nuovo, con il desiderio di arricchirsi e ritornare a casa o chiamare a sé i propri familiari, ma la distanza, il tempo e le difficoltà economiche impedivano che questo accadesse, separandoli così definitivamente dai propri cari.
Le vedove bianche erano appunto le donne, magari da poco sposate, che rimanevano sole e non si potevano nemmeno risposare perché, anche se lontano, il marito era ancora vivo.
In verità i nostri emigranti trovarono una realtà totalmente diversa da quanto sperato e furono costretti a vivere in terre selvagge e a rimpiazzare spesso la schiavitù nera, quando riuscivano a raggranellare qualche soldo, subito scrivevano ai familiari, in attesa di raggiungerli, di non partire assolutamente perché non avrebbero trovato altro che delusioni e sofferenze.
Qualche emigrante svolgeva dei lavori per strada come ad esempio gli artigiani ambulanti, i fabbricanti di pentole di rame, gli arrotini e i riparatori di oggetti.
Grande successo ebbe invece l'attività di gelatiere, che nata come occupazione per arrotondare i guadagni della vendita di frutta cotta, piacque subito ovunque e diventò un mestiere autonomo. Il gelato veniva confezionato in piccole stanza prese in affitto, che contenevano dei recipienti raffreddati con sale e ghiaccio, dove si mescolavano gli ingredienti fino a formare il gelato.
In quanto alle donne, emigravano temporaneamente come balie da latte, domestiche o cuoche per servire le famiglie più benestanti.
Questa era dunque la situazione in cui gli italiani ed in particolar modo i Bellunesi hanno vissuto per parecchi anni, senza perdere mai i ricordi e l'amore per la patria, costruendosi così la fama di grandi lavoratori.
Proprio alla lettura di alcune lettere emergono sentimenti comuni a tanti emigranti: la nostalgia per la patria lontana, per la sposa, per la famiglia, per gli affetti più veri ed importanti.
A tutto ciò gli emigranti hanno talvolta dovuto rinunciare per sempre, per inseguire una "speranza di una vita migliore", solo poche volte raggiunta, ma spesso disattesa.
Osservando immagini di emigranti in partenza è possibile leggere nei loro occhi il dolore per l'abbandono del "noto" e la speranza mista alla paura per "l'ignoto". Aver approfondito questo argomento mi ha resa più sensibile al problema attuale degli immigrati in Italia, ormai trasformatasi da paese di emigrazione a paese ricco e quindi meta per questi.
Se vuoi saperlo leggi alcuni versi intitolati appunto "Le vedove bianche" del giornalista-scrittore pugliese Ignazio Schino.
Avrai immediatamente cognizione di cosa realmente siano.
Ciao.
le vedove bianche sono coloro che sono rimaste vedove dopo il matrimonio senza averlo consumato...