Nella Roma della Repubblica il divario tra patrizi e plebei è molto elevato. I plebei sono cittadini romani, possono partecipare alle votazioni e sono obbligati a prestare il servizio militare allo stesso modo dei patrizi; il divario sta nel fatto che non possono sposare patrizi, non possono essere eletti e non partecipano alla ripartizione delle ricchezze in caso di vittoria in una guerra.
Un particolare malcontento viene dalla classe dei piccoli proprietari di campagna che, obbligati a partire in guerra per Roma, si trovano per anni lontano dalle loro terre, che rimangono incolte per lunghi periodi, e li portano a contrarre debiti che spesso non sono capaci di restituire. Per non diventare schiavi (se i debiti non vengono restituiti il debitore diviene schiavo del creditore) svendono le loro terre e intraprendono una fra le due possibili soluzioni:
diventare coloni presso i patrizi;
cercare espedienti nell'Urbe per sopravvivere.
Le secessioni.
La leggenda racconta che la prima protesta dei plebei fu di lasciare la città, non svolgere più i loro compiti (sia civili che militari) e ritirarsi sul Monte Sacro o, per un'altra tradizione, sull'Aventino (494 a.C.). Questa secessione ( secédere = allontanarsi, ritirarsi) porta molte preoccupazioni fra i patrizi, soprattutto riguardo alla forza dell'esercito. Menenio Agrippa decide, allora, di andare a parlare con i plebei, garantendogli che molte delle loro rivendicazioni saranno soddisfatte, i plebei accolgono di fermare la protesta a patto che quanto detto da Agrippa sia mantenuto.
Questo è il racconto che la tradizione ha tramandato, fatto sta che proteste e tumulti a Roma si sviluppano e paralizzano la città, mettendola in pericolo di attacchi visto la carenza di soldati nell'esercito ad ogni protesta. Fu proprio questo pericolo a convicere i patrizi a cedere parte dei propri poteri politici ai plebei.
La plebe ottiene piccole conquiste.
La plebe riusce, inizialmente, ad ottenere propri rappresentant: i tribuni della plebe e gli edili.
Il tribunato della plebe:
I tribuni vengono eletti durante i Concili della plebe. Inizialmente sono solo due tribuni a poter essere eletti, successivamente il numero arriva a dieci.
Compito primario dei tribuni è "prestare soccorso" ai cittadini che si rivolgono a loro contro abusi di potere; proprio per questo la porta della casa dei tribuni è sempre aperta, 24 ore su 24.
I tribuni sono sacri e inviolabili durante il loro mandato, della durata di un anno; chiunque attentatasse alla loro vita è punito con la pena di morte.
Altro potere dei tribuni è il "diritto di veto" sui decreti emanati da altri magistrati o sulle delibere del senato considerate lesive per la plebe e per i cittadini. Allo stesso modo, le decisioni di un tribuno della plebe potevano essere annullate o sospese da altri magistrati.
Nella Roma della Repubblica il divario tra patrizi e plebei è molto elevato. I plebei sono cittadini romani, possono partecipare alle votazioni e sono obbligati a prestare il servizio militare allo stesso modo dei patrizi; il divario sta nel fatto che non possono sposare patrizi, non possono essere eletti e non partecipano alla ripartizione delle ricchezze in caso di vittoria in una guerra.
Un particolare malcontento viene dalla classe dei piccoli proprietari di campagna che, obbligati a partire in guerra per Roma, si trovano per anni lontano dalle loro terre, che rimangono incolte per lunghi periodi, e li portano a contrarre debiti che spesso non sono capaci di restituire. Per non diventare schiavi (se i debiti non vengono restituiti il debitore diviene schiavo del creditore) svendono le loro terre e intraprendono una fra le due possibili soluzioni:
495-454 AC I patrizi possedevano grandi ricchezze e governavano la città con arroganza. I plebei invece sopportavano pesanti fatiche, pagavano gravosi tributi e dunque erano poveri: così la vita dei plebei era dura e difficile. Perciò decisero di lasciare la città e si ritirarono sul monte Sacro e qui allestirono un piccolo accampamento, così pensando: “Non semineremo i campi dei ricchi, i campi non produrranno messi, i patrizi non avranno pane e saranno in una misera condizione. Noi invece qui semineremo il grano e avremo il pane. Così i patrizi ascolteranno le preghiere della plebe”. Allora i patrizi mandarono ambasciatori alla plebe. Gli ambasciatori, parlando con voce supplichevole, annunciarono ai plebei le parole dei senatori: “Ritornate in città! I patrizi saranno giusti, condoneranno i vostri debiti, divideranno i guadagni in parti uguali”. Allora i plebei depongono il (loro) audace piano, ritornando a Roma. I patrizi mantengono le promesse e i cittadini romani riacquistano la concordia
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Il malessere sociale.
Nella Roma della Repubblica il divario tra patrizi e plebei è molto elevato. I plebei sono cittadini romani, possono partecipare alle votazioni e sono obbligati a prestare il servizio militare allo stesso modo dei patrizi; il divario sta nel fatto che non possono sposare patrizi, non possono essere eletti e non partecipano alla ripartizione delle ricchezze in caso di vittoria in una guerra.
Un particolare malcontento viene dalla classe dei piccoli proprietari di campagna che, obbligati a partire in guerra per Roma, si trovano per anni lontano dalle loro terre, che rimangono incolte per lunghi periodi, e li portano a contrarre debiti che spesso non sono capaci di restituire. Per non diventare schiavi (se i debiti non vengono restituiti il debitore diviene schiavo del creditore) svendono le loro terre e intraprendono una fra le due possibili soluzioni:
diventare coloni presso i patrizi;
cercare espedienti nell'Urbe per sopravvivere.
Le secessioni.
La leggenda racconta che la prima protesta dei plebei fu di lasciare la città, non svolgere più i loro compiti (sia civili che militari) e ritirarsi sul Monte Sacro o, per un'altra tradizione, sull'Aventino (494 a.C.). Questa secessione ( secédere = allontanarsi, ritirarsi) porta molte preoccupazioni fra i patrizi, soprattutto riguardo alla forza dell'esercito. Menenio Agrippa decide, allora, di andare a parlare con i plebei, garantendogli che molte delle loro rivendicazioni saranno soddisfatte, i plebei accolgono di fermare la protesta a patto che quanto detto da Agrippa sia mantenuto.
Questo è il racconto che la tradizione ha tramandato, fatto sta che proteste e tumulti a Roma si sviluppano e paralizzano la città, mettendola in pericolo di attacchi visto la carenza di soldati nell'esercito ad ogni protesta. Fu proprio questo pericolo a convicere i patrizi a cedere parte dei propri poteri politici ai plebei.
La plebe ottiene piccole conquiste.
La plebe riusce, inizialmente, ad ottenere propri rappresentant: i tribuni della plebe e gli edili.
Il tribunato della plebe:
I tribuni vengono eletti durante i Concili della plebe. Inizialmente sono solo due tribuni a poter essere eletti, successivamente il numero arriva a dieci.
Compito primario dei tribuni è "prestare soccorso" ai cittadini che si rivolgono a loro contro abusi di potere; proprio per questo la porta della casa dei tribuni è sempre aperta, 24 ore su 24.
I tribuni sono sacri e inviolabili durante il loro mandato, della durata di un anno; chiunque attentatasse alla loro vita è punito con la pena di morte.
Altro potere dei tribuni è il "diritto di veto" sui decreti emanati da altri magistrati o sulle delibere del senato considerate lesive per la plebe e per i cittadini. Allo stesso modo, le decisioni di un tribuno della plebe potevano essere annullate o sospese da altri magistrati.
io non faccio spiegazioni per la vostra scuola. prediti il
libro di storia e leggilo. le 5 stellinepotresti darle a lui
Nella Roma della Repubblica il divario tra patrizi e plebei è molto elevato. I plebei sono cittadini romani, possono partecipare alle votazioni e sono obbligati a prestare il servizio militare allo stesso modo dei patrizi; il divario sta nel fatto che non possono sposare patrizi, non possono essere eletti e non partecipano alla ripartizione delle ricchezze in caso di vittoria in una guerra.
Un particolare malcontento viene dalla classe dei piccoli proprietari di campagna che, obbligati a partire in guerra per Roma, si trovano per anni lontano dalle loro terre, che rimangono incolte per lunghi periodi, e li portano a contrarre debiti che spesso non sono capaci di restituire. Per non diventare schiavi (se i debiti non vengono restituiti il debitore diviene schiavo del creditore) svendono le loro terre e intraprendono una fra le due possibili soluzioni:
diventare coloni presso i patrizi;
cercare espedienti nell'Urbe per sopravvivere.
495-454 AC I patrizi possedevano grandi ricchezze e governavano la città con arroganza. I plebei invece sopportavano pesanti fatiche, pagavano gravosi tributi e dunque erano poveri: così la vita dei plebei era dura e difficile. Perciò decisero di lasciare la città e si ritirarono sul monte Sacro e qui allestirono un piccolo accampamento, così pensando: “Non semineremo i campi dei ricchi, i campi non produrranno messi, i patrizi non avranno pane e saranno in una misera condizione. Noi invece qui semineremo il grano e avremo il pane. Così i patrizi ascolteranno le preghiere della plebe”. Allora i patrizi mandarono ambasciatori alla plebe. Gli ambasciatori, parlando con voce supplichevole, annunciarono ai plebei le parole dei senatori: “Ritornate in città! I patrizi saranno giusti, condoneranno i vostri debiti, divideranno i guadagni in parti uguali”. Allora i plebei depongono il (loro) audace piano, ritornando a Roma. I patrizi mantengono le promesse e i cittadini romani riacquistano la concordia
odio la scuola=)