la mia prof. e pazza ci ha dato l'analisi del periodo di qst idillio.
perfavore aiutatemi subito 10 pnt al mijore
glazie vi plego
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, P
che da tanta parte
De l'ultimo orizzonte il guardo esclude. sub rel espl
Ma sedendo e mirando, coordinata
interminato
Spazio di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, P
ove per poco
Il cor non si spaura. relat espl
E come il vento
Odo stormir tra queste piante, P
io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: coordinata
e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e 'l suon di lei. coordinata
Così tra questa
Infinità s'annega il pensier mio: P
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare coordinata
1. quest'ermo colle: secondo la tradizione, il colle solitario (ermo)
sarebbe il monte Tabor, un'altura nei pressi di casa Leopardi; ma la
determinazione concreta del luogo è assolutamente irrilevante. Quanto ad
ermo, va rilevato che <<è la prima di tutta una serie di parole indefinite
che costituiscono uno degli aspetti più caratteristici del linguaggio del
canto>> (Fubini-Bigi).
2-3. che da tanta... esclude: che sottrae allo sguardo (il guardo esclude)
così gran parte dell'estremo (ultimo latinismo) orizzonte.
4. sedendo e mirando: fermandosi a guardare (dando così al verbo sedere il
significato generico di "stare"); secondo Citati, invece, Leopardi <<stava
seduto per terra, ... a ridosso della siepe>>, poichè il limite era
voluto:<<mentre passava l'infinito aveva bisogno di avere attorno a sè un
limite, una siepe, un muro>>.
4. interminati: senza fine, senza termine; <<le parole che indicano
moltitudine, copia, grandezza, lunghezza, larghezza, altezza, vastità , ecc.
sia in estensione, o in forza, intensità ecc. sono pure poeticissime, e così
pure le immagini corrispondenti>> (Zibaldone, p.1825); cfr. sovrumani (v.5)
e profondissima (v. 6).
5. quella: la siepe.
7. mi fingo: mi costruisco, mi immagino; <<l'anima s'immagina quello che non
vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre ci nasconde, e va errando
in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua
vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe
l'immaginario>> (Zibaldone, p. 171).
7. ove: <<usato nel delicato duplice senso di collocazione spaziale e di
consecuzione temporale ('dove' e 'per cui')>> (Solmi).
8. come: quando.
9-10. tra queste... voce: il gioco dei rimandi tra
realtà /immaginazione/realtà è sostenuto dal deitico dimostrativo
queste/quello/questa; questa voce: quella del vento che stormisce fra le
pietre.
11. Vo comparando: vado paragonando, confronto.
11. l'eterno: <<dopo l'infinito dello spazio, l'infinito del tempo>>
(Fubini-Bigi).
12. le morte stagioni: tutte le età passate, tutta la storia; cfr. La sera
del dì di festa, vv. 33-39: <<infinità del passato che mi veniva in mente,
ripensando ai Romani così caduti dopo tanto romore e ai tanti avvenimenti
ora passati ch'io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e
silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di
quella voce o canto villanesco>> (Zibaldone, pp. 50-51).
12-13. e la presente...di lei: e il tempo presente che ancora vive,
attraverso il rumore del vento.
14. immensità : <<l'immensità dello spazio che egli si era finta nel pensiero
e quella del tempo che ora gli è tornata in mente alla voce del vento>>
(Flora).
15. m'è dolce: mi risulta piacevole: <<qualifica la sensazione
dell'immergersi in questo mare immaginato, dell'abbandonarsi a un
indeterminato fluttuare di sensazioni e di idee>> (Puppo).
--------------------------------------...
"L'Infinito" è il primo di quei primi componimenti che il poeta pubblicò nel 1825 col nome di "Piccoli Idilli". L'idillio leopardiano si distingue profondamente da quello della tradizione; non è più il quadretto bucolico, un componimento piacevole di ispirazione pastorale, ma l'espressione poetica di un'avventura interiore, di un moto dello spirito nato dalla contemplazione nuova ed attonita di un aspetto della natura, o dalla rinnovata capacità di sentire e vedere. Si coglie così, nel senso più alto, che dallo stato d'animo idillico, da questa contemplazione "interiore" della natura, derivano alcune delle voci più nuove del poeta. Fin da fanciullo, lo ricorda lo "Zibaldone" nelle pagine scritte fra il 12 e il 13 Luglio del 1820, il poeta amava guardare il cielo "attraverso una finestra, una porta, una casa passatoia" (cioè attraverso l'andito o corridoio fra due case); nella poesia "L'Infinito" il poeta ha trovato le ragioni di questa preferenza: infatti, "da una veduta ristretta e confinata" nasce il desiderio dell'infinito, perché allora in luogo della vista lavora l'immaginazione ed il fantastico sottentra al reale. L'anima si immagina quello che non vede, ciò che quella siepe, quella torre gli nasconde e va errando in uno spazio immaginario e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l'immaginario. L'immergersi in una coscienza cosmica dell'infinito non è inteso dal Leopardi come abbandono ad una pura emozione, ad un immediato vagheggiamento musicale, nasce sempre da una consapevolezza vigile della realtà , da un'esigenza di superamento dei suoi dati immediati. Per questo si parla di una dimensione religiosa dell'Infinito nel Leopardi: quello che più tardi diventerà , nel "Canto notturno" o nella "Ginestra", meditazione ammirata dell'immensità della vita, del cosmo, qui è ancora ansia e vagheggiamento di assoluto
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, P
che da tanta parte
De l'ultimo orizzonte il guardo esclude. sub rel espl
Ma sedendo e mirando, coordinata
interminato
Spazio di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, P
ove per poco
Il cor non si spaura. relat espl
E come il vento
Odo stormir tra queste piante, P
io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: coordinata
e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e 'l suon di lei. coordinata
Così tra questa
Infinità s'annega il pensier mio: P
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare coordinata
1. quest'ermo colle: secondo la tradizione, il colle solitario (ermo)
sarebbe il monte Tabor, un'altura nei pressi di casa Leopardi; ma la
determinazione concreta del luogo è assolutamente irrilevante. Quanto ad
ermo, va rilevato che <<è la prima di tutta una serie di parole indefinite
che costituiscono uno degli aspetti più caratteristici del linguaggio del
canto>> (Fubini-Bigi).
2-3. che da tanta... esclude: che sottrae allo sguardo (il guardo esclude)
così gran parte dell'estremo (ultimo latinismo) orizzonte.
4. sedendo e mirando: fermandosi a guardare (dando così al verbo sedere il
significato generico di "stare"); secondo Citati, invece, Leopardi <<stava
seduto per terra, ... a ridosso della siepe>>, poichè il limite era
voluto:<<mentre passava l'infinito aveva bisogno di avere attorno a sè un
limite, una siepe, un muro>>.
4. interminati: senza fine, senza termine; <<le parole che indicano
moltitudine, copia, grandezza, lunghezza, larghezza, altezza, vastità , ecc.
sia in estensione, o in forza, intensità ecc. sono pure poeticissime, e così
pure le immagini corrispondenti>> (Zibaldone, p.1825); cfr. sovrumani (v.5)
e profondissima (v. 6).
5. quella: la siepe.
7. mi fingo: mi costruisco, mi immagino; <<l'anima s'immagina quello che non
vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre ci nasconde, e va errando
in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua
vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe
l'immaginario>> (Zibaldone, p. 171).
7. ove: <<usato nel delicato duplice senso di collocazione spaziale e di
consecuzione temporale ('dove' e 'per cui')>> (Solmi).
8. come: quando.
9-10. tra queste... voce: il gioco dei rimandi tra
realtà /immaginazione/realtà è sostenuto dal deitico dimostrativo
queste/quello/questa; questa voce: quella del vento che stormisce fra le
pietre.
11. Vo comparando: vado paragonando, confronto.
11. l'eterno: <<dopo l'infinito dello spazio, l'infinito del tempo>>
(Fubini-Bigi).
12. le morte stagioni: tutte le età passate, tutta la storia; cfr. La sera
del dì di festa, vv. 33-39: <<infinità del passato che mi veniva in mente,
ripensando ai Romani così caduti dopo tanto romore e ai tanti avvenimenti
ora passati ch'io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e
silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di
quella voce o canto villanesco>> (Zibaldone, pp. 50-51).
12-13. e la presente...di lei: e il tempo presente che ancora vive,
attraverso il rumore del vento.
14. immensità : <<l'immensità dello spazio che egli si era finta nel pensiero
e quella del tempo che ora gli è tornata in mente alla voce del vento>>
(Flora).
15. m'è dolce: mi risulta piacevole: <<qualifica la sensazione
dell'immergersi in questo mare immaginato, dell'abbandonarsi a un
indeterminato fluttuare di sensazioni e di idee>> (Puppo).
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"L'Infinito" è il primo di quei primi componimenti che il poeta pubblicò nel 1825 col nome di "Piccoli Idilli". L'idillio leopardiano si distingue profondamente da quello della tradizione; non è più il quadretto bucolico, un componimento piacevole di ispirazione pastorale, ma l'espressione poetica di un'avventura interiore, di un moto dello spirito nato dalla contemplazione nuova ed attonita di un aspetto della natura, o dalla rinnovata capacità di sentire e vedere. Si coglie così, nel senso più alto, che dallo stato d'animo idillico, da questa contemplazione "interiore" della natura, derivano alcune delle voci più nuove del poeta. Fin da fanciullo, lo ricorda lo "Zibaldone" nelle pagine scritte fra il 12 e il 13 Luglio del 1820, il poeta amava guardare il cielo "attraverso una finestra, una porta, una casa passatoia" (cioè attraverso l'andito o corridoio fra due case); nella poesia "L'Infinito" il poeta ha trovato le ragioni di questa preferenza: infatti, "da una veduta ristretta e confinata" nasce il desiderio dell'infinito, perché allora in luogo della vista lavora l'immaginazione ed il fantastico sottentra al reale. L'anima si immagina quello che non vede, ciò che quella siepe, quella torre gli nasconde e va errando in uno spazio immaginario e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l'immaginario. L'immergersi in una coscienza cosmica dell'infinito non è inteso dal Leopardi come abbandono ad una pura emozione, ad un immediato vagheggiamento musicale, nasce sempre da una consapevolezza vigile della realtà , da un'esigenza di superamento dei suoi dati immediati. Per questo si parla di una dimensione religiosa dell'Infinito nel Leopardi: quello che più tardi diventerà , nel "Canto notturno" o nella "Ginestra", meditazione ammirata dell'immensità della vita, del cosmo, qui è ancora ansia e vagheggiamento di assoluto